
Come è nata la collaborazione con i ragazzi della Coraline Records e cosa vi ha attratto verso questa etichetta?
Non appena ci hanno contattato, siamo rimasti favorevolmente impressionati dall'entusiasmo e dalla voglia di fare dei ragazzi di Coraline. Nonostante sia un'etichetta giovane, la parola d'ordine è puntare in alto e questo ci è piaciuto da subito, è l'atteggiamento giusto per un gruppo di ventenni che si affaccia nel mondo della musica.
La vostra musica è di quelle che “spaccano”. Come nasce? Descriveteci in poche parole le fasi della produzione.
In realtà è molto più semplice di quanto possa sembrare, dato che Ale si fa carico del lavoro più pesante! In pratica, tutto parte dai riff di chitarra ideati da lui, che andranno a formare la spina dorsale del brano. In sala prove ascoltiamo tutti insieme le parti di chitarra e le analizziamo nel dettaglio, modificando ciò che non ci entusiasma. Spesso, componendo le parti di chitarra, Ale riesce nel frattempo a concepire anche le linee di voce, perciò siamo a metà dell'opera: a quel punto è sufficiente aggiungere ciò che manca (batteria, basso, chitarra ritmica) e scrivere un testo per la nuova canzone neonata. La parte più difficile in assoluto è la scelta del titolo, visto che raramente ci troviamo tutti d'accordo e le nuove canzoni rischiano spesso di rimane “untitled” per parecchio tempo...
Qual è il vostro giudizio sulla musica che attualmente va per la maggiore nel panorama internazionale?
Facendo parte di un gruppo che propone un genere di nicchia, il nostro giudizio non può certo essere lusinghiero. Ovviamente, la legge del mercato impone di dare molto spazio a generi musicali di facile ascolto, vendibili e graditi al pubblico. Immancabilmente, accanto ad artisti pop assolutamente validi e talentuosi, si assiste all'ascesa inarrestabile di prodotti delle industrie discografiche, messi insieme a tavolino e spesso scelti più per il look e i bei faccini che per la capacità di scrivere della buona musica. Credo che bisognerebbe dare spazio a tutti, anche perché gli amanti dei generi musicali più “estremi” sono molti ed è ingiusta la discriminazione subita dal metal e i generi affini; la musica va ascoltata a prescindere dal genere, senza pregiudizi.
Non c'è posto nel mainstream per gruppi che, come il vostro, propone generi al di fuori degli schemi tradizionali?
Crediamo che al giorno d'oggi, in un mercato musicale mai così vasto, tutti possano riuscire a ricavarsi il proprio spazio. Naturalmente il nostro è un genere che difficilmente permette di sfondare, anche perché è già stato ampiamente sperimentato in tutte le salse nello scorso decennio, e qui in Italia non ha mai raggiunto la popolarità che ha invece permesso a numerose band d'oltreoceano di fare un salto di qualità per raggiungere notorietà e successo. Noi cerchiamo (e cercheremo) di dire la nostra in questo panorama affollatissimo, proponendo un genere che ovviamente deve molto ai gruppi che ci hanno preceduti, ma che al tempo stesso riesca a portare una ventata di novità con un sound originale e distintivo.
Cosa sicuramente i My Hidden Phobia non faranno mai?
Modificare il nostro modo di vivere e creare musica, rinunciare alla nostra identità musicale. Non abbiamo alcuna intenzione di venderci, ci teniamo a conservare la nostra libertà nel comporre per proporre a tutti quelli che vorranno ascoltarci le canzoni che abbiamo scritto così come piacciono a noi e non le canzoni che persone esterne al gruppo ci impongono di suonare.
Al momento a cosa state lavorando?
Abbiamo appena terminato di registrare un nuovo Ep di dieci brani inediti, produzione casalinga, disponibile ai nostri concerti. Per il resto, continuiamo a comporre nuove canzoni e guardiamo avanti. L'obbiettivo è sempre quello di trovare una casa discografica e registrare finalmente un full-lenght, entro qualche mese potrebbero esserci grosse novità, ma per il momento incrociamo le dita e basta!
F. G.
16/03/10
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