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Citizen Kane: l’intervista

Pubblicato da FutuRadio Web venerdì 21 gennaio 2011 , , , , ,

Una prima esperienza nei Kim Novak, band “rockettara” di Roma composta, tra gli altri, da Carlo alla chitarra e Stefania alla batteria. Poi Barbara, bassista e amica di Stefania, si unisce ai due, nel frattempo dediti a nuovi progetti, e in questo modo prendono forma i Citizen Kane. Ma andiamo per ordine. “Il progetto Citizen Kane – racconta Carlo a FutuRadio Web – è nato all'inizio del 2004. Io e Stefania avevamo suonato insieme qualche tempo prima in un’altra band, i Kim Novak, dove non cantavo ma suonavo solo la chitarra. Avevo alcune canzoni pronte nel cassetto da anni, ma non avevo mai provato a cantarle. E quindi, con i Citizen Kane si è presentata l’occasione. Stefania e Barbara, la bassista, si conoscevano invece da tanto tempo e avevano militato in altre band della capitale. Venivamo da influenze musicali abbastanza diverse, anche se alcuni gruppi ci accomunano: i Blonde Redhead, Moltheni, ma anche i Pixies. Il trio è nato così”. Ancora oggi i tre amici, dopo sette anni di collaborazione, si divertono non poco. “Si è creata un’intesa speciale sia dal punto di vista musicale che umano”, spiega Carlo. Una carriera repentina, quella dei Citizen Kane. “Il primo ep è stato composto molto velocemente, a fine 2004. Tutte le parole che ogni giorno perdo conteneva sei brani originali e la cover di un brano dei Pavement, completamente stravolto. In quell’occasione è iniziata la collaborazione con Fabio ‘Reeks’ di Hombre Lobo, che ormai cura tutte le nostre registrazioni in modo magistrale. Da lì in poi abbiamo iniziato a fare concerti e ad ottenere i primi passaggi radio. Nel 2006 è uscito Fortezze, secondo ep autoprodotto, contenente cinque brani. Dopo qualche tempo abbiamo deciso di pubblicarlo su Jamendo, il portale della musica libera. Una delle canzoni, Il giardino dei rimorsi, ha avuto un bel successo, tanto che ora è arrivata a 34 mila ascolti. Nel 2009 abbiamo pubblicato il nostro ultimo cd Il male bianco (proposto anche su FutuRadio Web, ndr), sette inediti più la cover di Preghiera in gennaio di De Andrè, e ora lo abbiamo lanciato in download libero sempre su Jamendo”.
Cosa è Il male bianco? “Il male bianco – scrivono i Citizen Kane sulla loro pagina Jamendo – è una epidemia che colpisce progressivamente un’intera nazione, rendendo le persone cieche e risvegliandone gli istinti più violenti e primordiali. È la storia di ‘Cecità’ di J. Saramago. Il male bianco si sta diffondendo nel nostro Paese, che soffre di una regressione inarrestabile dal punto di vista culturale e sociale. L’epidemia, in questo caso, è stata studiata a tavolino, negli anni, da una classe politica che detiene saldamente il timone del consenso. Il male bianco è un cd che risente fortemente di questo contesto di stasi, che scivola via trascinando pericolosamente le nostre coscienze nell’immobilità assoluta, sia nella sfera privata che in quella pubblica”.

Il male bianco, in questo senso, sembra assumere il valore di una denuncia sociale. Quanto è difficile descrivere in musica la realtà che ci circonda?

In realtà Il male bianco contiene diversi temi. Di sicuro ci sono tracce molto esplicite e di denuncia, come Naufragi che parla dei barconi di immigrati che cercano disperatamente di approdare sulle coste di questo nostro ormai ridicolo e surreale Paese. Ci sono invece altri brani come lo stesso Male Bianco o L’esito migliore che scavano maggiormente nell’universo dei sentimenti, in un tentativo di raccontare la realtà dell’animo umano in tutta la sua costellazione di indolenze, paure e disillusioni. Tutte la nostra musica è in bilico tra la sfera più intima e la denuncia politica. Non penso che la questione sia nella difficoltà di descrivere la realtà in musica, quanto piuttosto il riuscire ad andare oltre, a trasmettere qualcosa, anche di indefinito, che faccia riflettere o che possa emozionare. Purtroppo stiamo attraversando un periodo tetro e degradante, in cui il desiderio di fuggire dall’Italia si fa sempre più forte. Descrivere la realtà forse non basta più. È già abbastanza allucinante di per sé. Servono stimoli e reazioni, qualcosa che dia la scintilla giusta per il cambiamento. Vedremo se anche noi, nel nostro piccolo di band indie-rock, riusciremo in questa sfida.

Cosa vi ha spinto a pubblicare i vostri album sotto etichette Creative Commons?

Il nostro ragionamento è semplice. In primo luogo, abbiamo avuto a che fare con la SIAE e non pensiamo sia un’organizzazione che tuteli veramente i musicisti. Le licenze Creative Commons ci permettono invece di esplicitare quale uso vogliamo che sia fatto della nostra musica. Siamo contenti di avere la possibilità di farla scaricare liberamente e che il nostro cd sia liberamente duplicabile. In questo modo riusciamo ad avvicinarci meglio al pubblico e a diffondere le nostre canzoni. Mi sembra che le licenze Creative Commons riescano a creare un patto felice tra gli ascoltatori e i gruppi che fanno questa scelta.

Quali riscontri avete ottenuto pubblicando le vostre opere in questo modo?

Un riscontro ottimo, sicuramente. Facilita molto lo scambio e la diffusione. Le persone, le radio si sentono libere di scaricare e ascoltare i nostri brani e questo non può che renderci felici. Peraltro, essendo Jamendo un portale internazionale, abbiamo dei fans stranieri che ascoltano i Citizen Kane, ci inseriscono nelle loro playlist, commentano i nostri brani, e tutto questo ci sorprende e ci diverte considerando che cantiamo esclusivamente in italiano e non facciamo pop.

Siete impegnati in live o concerti in questo periodo?

Dopo anni di live quasi esclusivamente a Roma, stiamo cercando di andare a suonare fuori. Ci siamo dovuti fermare per qualche mese, ma ora ci siamo rimessi in moto. Se qualche locale è “in ascolto” e vuole invitarci a suonare è benvenuto. O anche se qualche booking vuole accoglierci. Purtroppo l’autorganizzazione è bella, ma complicata.

Progetti per il futuro?

A parte questa idea (desiderio) di concerti in giro per l’Italia, stiamo lavorando a un nuovo album prendendoci molto tempo per la costruzione dei pezzi. Stiamo anche cercando un musicista che voglia collaborare per una parte più elettronica, siamo in piena evoluzione sonora e non ci dispiacerebbe aprirci a collaborazioni musicali esterne.

(fabio germani)


1 Responses to Citizen Kane: l’intervista

  1. Anonimo Says:
  2. Sono davvero interessanti...
    Complimenti.

     

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